Perché, dal parlare di femminismo e basta, negli ultimi anni siamo passatə a parlare di femminismo intersezionale? Perché per fortuna stiamo cominciando ad ampliare il discorso, perché la lotta vera, quella che una volta vinta avrà reso il mondo un posto migliore, è quella contro ogni forma di oppressione esercitata da chi è in una condizione di privilegio verso chi è in quel momento più debole, che sia per ragioni fisiche, sociali, culturali.
È proprio questo il messaggio che porta avanti da anni Márcia Tiburi, artista brasiliana, filosofia, critica letteraria e scrittrice. Nata a Rio de Janeiro e ora in esilio volontario a Parigi per ragioni politiche, ci invita a una riflessione sulla solitudine, la politica, l’identità, i l luoghi del dibattito e la violenza. La sua definizione di femminismo verte in un desiderio di democrazia radicale, votato alla lotta per i diritti di tuttə coloro che sono costrettə a subire ingiustizie armate sistematicamente dal patriarcato. Perché il patriarcato, contrariamente a quanto si possa pensare, non è un processo che colpisce esclusivamente la sfera femminile; coinvolge invece tutti gli esseri il cui corpo viene definito attraverso l’uso che se ne fa.
Tiburi ci invita così a rivedere le strutture date e prendere sul serio il femminismo, ripensando criticamente il movimento con un linguaggio accessibile tanto ai principianti quanto ai più esperti. Con il saggio Il contrario della solitudine, edito effequ e composto da 17 brevi brani, l'autrice si fa portatrice di un’idea di femminismo in comune, capace di migliorare il nostro modo di vedere e inventare la vita.
📌 Márcia Tiburi, in Italia per un breve tour, sarà qui per parlarne con noi insieme alla sua traduttrice Eloisa Del Giudice e ad Antonella Bundu, venerdì 16 maggio alle 19.00.
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